il blog dei Silvia Roggiani

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Fortunato Zinni, un moderno eroe civile

Fortunato Zinni è uno dei sopravvissuti alla strage neofascista di piazza Fontana. Se oggi può raccontare quel 12 dicembre di 50 anni fa è solo perché un minuto prima dell'esplosione fu chiamato da un collega al piano ammezzato, così da allontanarsi dal grande salone dal tetto a cupola e non venire colpito dalle schegge della bomba che uccise 17 persone e ne ferì altre 88. 

Salvo per un soffio, il destino ha voluto che fortunato non lo fosse solo di nome ma anche di fatto.  

Uscì dalla Banca centrale dell'Agricoltura con un timpano perforato, ma furono le ferite impresse nella mente e negli occhi a fargli più male. Le immagini dei corpi che lui stesso, come impiegato dell'istituto bancario, riconobbe dopo l'attentato. Immagini che non ha mai dimenticato per volere e per responsabilità morale. La responsabilità che oggi lo spinge a tramandare il ricordo di quella terribile strage è il racconto di mezzo secolo di depistaggi e complotti. Una ferita ancora aperta, perché nessuno ha pagato per quelle vittime innocenti.

Conoscevo Fortunato come ex sindaco di Bresso,  ma ho potuto apprezzare il suo coraggio e la sua forza d'animo nel credere - ancora e nonostante tutto - nelle istituzioni e nella giustizia qualche sera fa, presentando assieme a lui il libro di Guido Salvini e Andrea Sceresini “La maledizione di piazza Fontana”. 

Non ha mai vacillato, neppure di mezzo millimetro, ha continuato a impegnarsi e credere nella bontà delle istituzioni fino a mettersi a servizio della sua comunità come sindaco. E a raccontare. 

Il 13 dicembre mentre tutti i giornali, le radio e le tv fornivano notizie sulla strage del giorno prima, il giornale di Confindustria “Il Globo” apre la prima pagina con la notizia “Allarme per lo statuto dei lavoratori”. Fortunato racconta questo aneddoto come emblematico del quadro sociale e politico nel quale maturò la strage e gli obiettivi di quelle bombe. Bombe che uccisero 18 persone, non 17, come ci tiene particolarmente a ricordare Zinni. 
L'ordigno alla Banca dell'Agricoltura e la strategia del  complotto e depistaggio che ne seguì, infatti, quattro giorni dopo fece un'altra vittima, l'anarchico Giuseppe Pinelli. Anche per lui non ha mai smesso di lottare, come non ha mai mancato un processo, perfino quando questo (inspiegabilmente) fu spostato a Catanzaro. 

Fortunato Zinni ha speso una vita alla ricerca della verità giudiziaria e nell'impegno per tramandare il ricordo di quello che è accaduto il 12 dicembre 1969 in piazza Fontana a Milano. E ancora oggi, a 80 anni, lo fa instancabilmente, perché solo l'oblio può consegnarci alla negazione, mentre la memoria risveglia le nostre coscienze. 

La storia di quest'uomo insegna che anche da una tragedia possono nascere piccoli grandi eroi civili.

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