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Regione Lombardia: "Non basta scaricare Gallera, le responsabilità sono di Fontana"

MILANO - "Si rincorrono voci, in queste ore, di una possibile sostituzione o affiancamento dell'assessore Giulio Gallera, fortemente voluti dalla Lega.  In questo modo, la maggioranza di Regione Lombardia ammetterebbe l'inadeguatezza del suo assessore al Welfare.

Ma il fallimento della sanità in Lombardia non è imputabile solo a Gallera, perché le politiche scellerate messe in campo in tutti questi mesi sono state avallate e protette da tutta la giunta, dallo stesso gruppo dirigenziale e dal Presidente, che oggi provano a scaricare il loro assessore.

Le responsabilità di quello che sta accadendo in Lombardia, la regione d'Italia che conta un quarto dei contagi e quasi un terzo dei morti nazionali, sono del Presidente della Giunta Attilio Fontana. Ed è a lui che chiediamo di rispondere politicamente dei suoi errori, andando a casa. Le cittadine e i cittadini lombardi meritano un'amministrazione capace di proteggerli, ciò che questo gruppo dirigente non è riuscito a fare finora".

L’unico vero schiaffo alla Lombardia porta la firma dell’incapacità di Fontana

IMMAGINA - editoriale di Silvia Roggiani, Segretaria Metropolitana del Partito Democratico di Milano

C’è una cosa che più di tutte oggi non possiamo ignorare. Il tempo trascorso dall’esplosione dell’epidemia in Italia ci ha resi, comprensibilmente, più fragili e anche più delusi e arrabbiati. Oggi l’Italia non è quella di marzo e gli italiani non sono più disposti a credere che andrà tutto bene o ad affacciarsi sui balconi per cantare.

Nel cuore e nella mente delle persone, oggi, c’è sofferenza per un caro che non c’è più, c’è la paura di ammalarsi, c’è il terrore di perdere il proprio lavoro o di non riuscire un domani a rialzare la saracinesca. Per tutti questi motivi, era necessario intervenire come ha fatto il Governo. Mai e per nessun motivo bisogna permettere che si mettano in conflitto il diritto alla salute con quello al lavoro: è necessario tenerli insieme, farli correre sullo stesso binario.

Il Governo, di fronte ad una curva dei contagi in rapida ascesa e ospedali vicini al collasso, ha dovuto assumere decisioni difficili, con nuove forti restrizioni, dividendo l’Italia in tre fasce a seconda della gravità della situazione epidemiologica locale: una rossa, una arancione e una gialla, dalla più grave alla meno grave.

Ci aspettano giorni, e molto probabilmente settimane, non facili. Le nuove restrizioni comportano grossi sacrifici e difficoltà per tanti lavoratori e lavoratrici, per studentesse e studenti che sono tornati alla sola didattica a distanza e per persone sole che rischiano di pagare un prezzo molto alto.

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Zona rossa: “Altro che schiaffo, adesso Fontana metta in pratica l’autonomia tanto reclamata”

MILANO - "Mentre ci svegliamo con le dichiarazioni di Fontana che parla di schiaffo del Governo alla Lombardia leggiamo, in un'intervista pubblicata oggi, il direttore dell'ATS Milano - lo stesso che un mese fa ammetteva il fallimento nel tracciamento - dire che quelle appena varate sono misure giuste e "semmai" in ritardo. 

È troppo chiedere al presidente Fontana un pizzico di responsabilità? Invece di fare polemica e usare il dramma della Lombardia come arma di propaganda politica, dovrebbe dire come intende farci uscire dalla zona rossa, come diminuire i contagi (ad oggi un quarto di quelli nazionali) e i morti (quasi un terzo) nella nostra Regione. O dire, per esempio, come intende aiutare le attività e i settori in sofferenza, o come aumentare i bus su strada. Che dice Fontana della tanto sbandierata autonomia, dov'e finita adesso? Prima la reclamano, ma poi quando la devono applicare si tirano indietro. Il Governatore, adesso, si prenda responsabilità anche economiche e sanitarie per far fronte all'emergenza. 

Nessuno di noi, men che meno tutte le categorie di lavoratrici e lavoratori colpiti dalla nuova stretta, è contento che la Lombardia sia catalogata fra le zone rosse e quindi ad alto rischio. Ma questo è il momento della responsabilità e della collaborazione istituzionale, ed è vergognoso che si continui a usare ogni occasione per speculare o addossare colpe a qualcun altro. A otto mesi dal primo caso Covid registrato in Lombardia siamo ancora qui, sguarniti della medicina territoriale tanto indispensabile e per giunta con una grave carenza di vaccini antinfluenzali.

Ogni cittadino di questa regione vorrebbe sapere perché siamo ancora a questo punto. Ma adesso, per favore, si lavori per uscirne e per mettere al sicuro, dal punto di vista sanitario ed economico, le cittadine e i cittadini lombardi.

Così in una nota la segretaria metropolitana del PD Milano Silvia Roggiani.

Campagna vaccinale Lombardia: "Dove sono i vaccini?"

MILANO - "Gallera va ripetendo in tv che va tutto bene, ma noi vorremmo fargli notare che i cittadini ci dicono che mancano i vaccini! La Lombardia non è assolutamente pronta per una campagna vaccinale. Le dosi consegnate ai medici di base sono ridicole, 50 contro le 300 di media dell'anno scorso, e ai cittadini cui tocca prenotare il vaccino nei centri dell'ATS non va tanto meglio. Riuscire a prendere la linea o effettuare una prenotazione tramite il sito dedicato è più difficile di un terno al lotto. Ogni giorno ricevo segnalazioni da parte di cittadini esasperati e disperati, alla ricerca di un vaccino per i loro genitori anziani. Gallera, vuoi dirci dove trovare i vaccini e come prenotarsi?

Come riportano organi di stampa con il caso della consigliera di maggioranza Beccalossi, ormai sei stato smascherato perfino dai tuoi. Caro Gallera, invece di andare in tv a dire bugie, pensa a come garantire ai cittadini il vaccino antinfluenzale. La soluzione non può essere ricorrere alle strutture private e pagare. Il diritto alla salute non deve essere un lusso".

Nessuno spazio a chi specula, usando la violenza, su paura e disagi reali

IMMAGINA - editoriale di Silvia Roggiani, Segretaria Metropolitana del Partito Democratico di Milano

Dietro ogni tavolino vandalizzato, ogni vetrina infranta, ogni cassonetto divelto e dato alle fiamme, dietro una pietra lanciata per colpire il vetro di un tram o di un’automobile c’è il lavoro e ci sono i sacrifici. E c’è la fatica, per esempio, di quel commerciante che ha investito i suoi risparmi per sopravvivere alle nuove norme di sicurezza e mettere in piedi in tempo record un dehor.

Le immagini di Milano messa a ferro e fuoco con il lancio di petardi e bombe carta da gruppi non autorizzati scesi in piazza al grido di “libertà libertà” non fanno male sono alla nostra città. Fanno male, soprattutto,  a quelle donne e a quegli uomini che manifestano pacificamente, mossi da legittime paure e preoccupazioni.

Al mondo della cultura e dei servizi si stanno chiedendo, nuovamente, sacrifici enormi. Molti di loro non si aspettavano, dopo aver fatto investimenti economici per  riuscire a tenere a aperte le proprie attività nel rispetto di tutte le regole, di dover affrontare una nuova chiusura, che porterà inevitabilmente perdite.

Oggi la politica tutta non può ignorare le grida di allarme e di dolore che arrivano da categorie di lavoratori in affanno. Parliamo di sofferenze reali, di famiglie che non sanno come arrivare alla fine del mese, di donne e uomini che non sanno come pagare i loro affitti o peggio ancora, come fare la spesa. Ma del resto i numeri drammatici imponevano nuovi sacrifici, in linea con quanto sta peraltro avvenendo in tutta Europa e non solo.

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