il blog dei Silvia Roggiani

Futura

Memoria per fare luce

"Stiamo scendendo nell'abisso senza sapere dove arriveremo, fino a quando cammineremo nel buio". Inizia così l'incipit dell'editoriale di Ezio Mauro questa mattina (sabato) su La Repubblica. Si riferisce a quanto accaduto a Mondovì.

Una stella di David e la scritta "Juden hier", qui abita un ebreo, hanno sporcato la porta di casa di Lidia Beccaria Rolfi, staffetta partigiana, deportata a Ravensbruck. I vigliacchi, hanno agito a pochi giorni dal Giorno della Memoria, per imbrattare e cancellare. Vorrebbero riscrivere la storia. Ma noi non glielo permetteremo, ci troveranno sempre dall'altra parte, a combatterli. Ostinati e determinati. 

Perché da una parte c'è il nero, quello di chi agisce nell'anonimato e di notte. Il nero delle scritte sui muri, delle tenebre e del male. Il nero degli inferi, dove è scesa l'umanità con l'Olocausto e con lo sterminio di milioni di persone innocenti. 

Dall'altra parte, invece, c'è la luce che rischiara il bene, che illumina i nomi delle vittime e le storie dei Giusti. La luce che si accende per fare memoria, che ci dà forza per guardare indietro e costruire un futuro che non assomigli al passato. 

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L'anno di Greta

Greta Thunberg il 20 agosto 2018 ha scelto di non andare a scuola, e così ha fatto fino al 9 settembre, giorno delle elezioni politiche in Svezia. Da allora i "venerdì per il futuro" (Fridays For Future) sono diventati famosi in tutto il mondo e centinaia di migliaia di giovani hanno iniziato a scendere in piazza per il clima.

È merito suo, 16 anni appena, se improvvisamente la lotta al cambiamento climatico ha iniziato ad essere sulla bocca di tutti.E il suo impegno le è valso la celebrazione da parte della rivista statunitense Time, che l'ha scelta come personaggio dell'anno.

Il 2019 è stato davvero "l'anno" di Greta che, da sconosciuta, è diventata icona della protesta che infiamma il pianeta denunciando l'urgenza di azioni e politiche incisive sul tema del cambiamento climatico. Basti pensare alla strada che ha fatto, da quando in solitaria col cartello "sciopero per il clima" ogni venerdì non andava a scuola, ad oggi con gli scioperi che riempiono le piazze di tutto il mondo.

Che stia simpatica o antipatica, bisogna riconoscerle il merito di aver dato voce ad un problema globale e il coraggio di averlo fatto - senza paura - gridando in faccia ai potenti messaggi semplici ma di grande impatto, come quello pronunciato alle Nazioni Unite: "ci state rubando il futuro". Un'indignazione che non è caduta nel vuoto ma che è stata, anzi, decisiva per il nostro futuro. Oggi la politica, purtroppo non nella stessa misura fra progressisti e forze sovraniste, ha capito che l'emergenza climatica ambientale è una priorità assoluta, e che occuparsene aiuta a prevenire conflitti, disuguaglianze, catastrofi e migrazioni.

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Fortunato Zinni, un moderno eroe civile

Fortunato Zinni è uno dei sopravvissuti alla strage neofascista di piazza Fontana. Se oggi può raccontare quel 12 dicembre di 50 anni fa è solo perché un minuto prima dell'esplosione fu chiamato da un collega al piano ammezzato, così da allontanarsi dal grande salone dal tetto a cupola e non venire colpito dalle schegge della bomba che uccise 17 persone e ne ferì altre 88. 

Salvo per un soffio, il destino ha voluto che fortunato non lo fosse solo di nome ma anche di fatto.  

Uscì dalla Banca centrale dell'Agricoltura con un timpano perforato, ma furono le ferite impresse nella mente e negli occhi a fargli più male. Le immagini dei corpi che lui stesso, come impiegato dell'istituto bancario, riconobbe dopo l'attentato. Immagini che non ha mai dimenticato per volere e per responsabilità morale. La responsabilità che oggi lo spinge a tramandare il ricordo di quella terribile strage è il racconto di mezzo secolo di depistaggi e complotti. Una ferita ancora aperta, perché nessuno ha pagato per quelle vittime innocenti.

Conoscevo Fortunato come ex sindaco di Bresso,  ma ho potuto apprezzare il suo coraggio e la sua forza d'animo nel credere - ancora e nonostante tutto - nelle istituzioni e nella giustizia qualche sera fa, presentando assieme a lui il libro di Guido Salvini e Andrea Sceresini “La maledizione di piazza Fontana”. 

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La rivoluzione del Sud Est Milano

Città e paesi, nord e sud. In questi giorni il dibattito si è arricchito di questa "contrapposizione", attorno al chi dà e chi prende, chi restituisce e chi non lo fa. Ma si è parlato poco, invece, di chi è capace  - con proposte innovative e lungimiranti - di scardinare questo schema.

Pensate, per esempio, a Sem - Smart Land. Un titolo che tiene dentro temi come mobilità, lavoro, digitale, cultura, sostenibilità, e che si è sviluppato a partire dall'impegno dei sindaci (Federico Lorenzini, Andrea Checchi, Rodolfo Bertoli) di tre Comuni, Paullo, San Donato Milanese e Melegnano, per poi arrivare a coinvolgere tutti gli altri del Sud Est Milano. 

Una sfida che riunisce sotto un unico cappello ben 119 progetti, finanziati con 700 milioni da Unione Europea, Banca europea e altri enti, a cui hanno aderito Città Metropolitana, Regione Lombardia e Anci. Erano in pochi a credere in un modello nuovo di sviluppo del territorio, eppure il sindaco di Paullo Federico Lorenzini - che ha avuto l'intuizione - ha trasformato il sogno in realtà. 

La sfida (tra le tante) più ambiziosa è ridurre il traffico di almeno il 15%, ma poi si parla anche di illuminazione pubblica intelligente, sociale con nuove aree di aggregazione, sicurezza con interventi sulla videosorveglianza, e dissesto idrogeologico con una nuova rete idrica di compensazione.

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Un anno di battaglie!

"Le schede che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere, hanno un’autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore". È il 2 giugno 1946, le donne hanno potuto votare ed essere votate per la prima volta in Italia. A parlare alla radio è la giornalista Anna Garofalo.

Oggi, a un anno dalla mia elezione a segretaria metropolitana, riflettere su queste parole ha per me un significato molto particolare. Essere donna e impegnarsi politicamente rappresenta un binomio che ricorre spessissimo. Perché mi sono data come obiettivo quello di essere uno stimolo - col mio lavoro e impegno quotidiano - per tutte quelle donne che si ritraggono e rinunciano per il solo fatto di credere di non essere all'altezza. Insomma per il solo fatto di non essere un uomo.

Un anno dopo posso dirlo, con ancora più convinzione. Purtroppo degli stereotipi è vittima anche il mondo della sinistra, l'essere donna - e in più giovane - mi ha costretto tante volte a dover dimostrare molto più di quello che devono fare i miei colleghi uomini.

Non bastano le idee, la passione, lo studio. Servono una dose aggiuntiva di coraggio e perseveranza per far capire chi sei, per far capire che non sei speciale perché donna. Per far capire che il tuo impegno non vale di più o di meno se indossi la gonna o i pantaloni. Perché, purtroppo, ci sarà sempre qualcuno pronto a pesare il tuo valore non per quello che dici o che fai, ma per la tua identità di genere.

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